
FESI, federazione europea dei produttori di articoli sportivi, nel 2022 ha lanciato il Winter Sport Sustainability Network (WSN), una piattaforma di collaborazione attraverso la quale gli stakeholder fanno sinergia per vincere le complesse sfide dettate dai cambiamenti climatici. L’impegno diretto dell’industria è l’ennesima prova di come la sostenibilità non sia un mero obbligo morale, ma un fattore determinante nel conseguimento degli obiettivi anche economici. A coordinare il gruppo di lavoro è lo svedese Jan Stala, consulente specializzato nel settore. Lo abbiamo incontrato per approfondire il complesso rapporto tra gli sport invernali e le istanze ESG.
Qual è il ruolo che le aziende possono svolgere nell’affrontare le questioni climatiche?
JS – Il WSN si occupa proprio di questo tema. Come produttori, dobbiamo fare le scelte giuste e cercare soluzioni innovative. Anche se l’industria dello sci non ha dimensioni enormi, contiamo su un seguito molto vasto e quindi possiamo assumere un ruolo-guida, delineando un percorso che anche altri potranno intraprendere. Qualcuno deve pur prendersi la responsabilità di iniziare tale percorso e siamo fermamente convinti del fatto che l’industria dello sci sia in grado di assumersi questo ruolo.
Nel concreto, con quali iniziative lo sostanziate?
JS – Uno dei grandi successi del 2024 è stato il varo del “Ski Industry Climate Pact”, documento sottoscritto da quasi tutti i membri del WSN. Al suo interno sono contenuti vari impegni, ma il principale riguarda il fatto che, entro la fine dell’anno, tutti noi ci si unica alla campagna “Race to Zero”, attraverso iniziative Science Based Targets o SME Climate hub. Lo scopo è allinearci all’obiettivo di arrivare a zero emissioni entro il 2030.
Le aziende che producono articoli sportivi intrattengono relazioni dirette con gli appassionati: che importanza ricopre l’advocacy nel loro purpose?
JS – L’advocacy e la comunicazione sono i pilastri di questo processo, insieme alle regolazioni europee. Bisogna però trovare il registro idoneo, evitando tanto il greenwashing quanto il greenhushing. Continuare a parlare di sostenibilità è fondamentale, altrimenti il tema finirà nel dimenticatoio. Però va fatto nel modo giusto, senza esporre argomenti che possono essere border-line. In tema di advocacy, i brand possono contare anche su ambassador molto forti, la cui voce è decisamente influente nei confronti degli appassionati.
Manca solo un anno a Milano-Cortina 2026: quali sono le vostre aspettative, in termini di sostenibilità?
JS – L’auspicio è che la sostenibilità sia al centro di ogni azione. Non ci occupiamo direttamente di organizzazione di eventi, ma è ben noto che la maggior parte delle emissioni derivino dai viaggi e dalle infrastrutture, quindi sono questi gli aspetti ai quali rivolgere le maggiori attenzioni.
Nonostante i possibili interventi di tutela dell’ambiente, le previsioni convergono sul fatto che nei prossimi anni si dovrà comunque affrontare una forte carenza di neve. Quale potrebbe essere la soluzione migliore per questo problema, lo snowfarming?
JS – Non c’è una risposta unica, ma diverse opzioni che possono essere adatte al caso specifico, area per area. Lo snowfarming può essere una soluzione valida, se viene praticato nel modo corretto. Ad esempio, va utilizzato alle temperature idonee e nel momento migliore dell’anno: se lo si effettua quando l’inverno è ormai finito, è meno efficace. Bisogna poi ponderare bene vari aspetti, dai materiali che si usano per la copertura, al trasporto della neve immagazzinata. È senza dubbio un’opzione, ma da valutare con attenzione.
Che cosa pensa, invece, della neve artificiale?
JS – Chi costruisce i macchinari necessari per produrla preferisce chiamarla “neve tecnica”, perché in realtà non c’è nulla di artificiale nei suoi componenti. Ormai la si produce ovunque ed è una buona soluzione, se adottata con raziocinio. Alla temperatura giusta, intorno a -10° C, il consumo energetico si attesta intorno a 1 KW per metro cubo, mentre se si lavora a temperature più calde, verso i -2° C, il fabbisogno di energia può persino decuplicarsi. È quindi fondamentale la pianificazione della produzione.
Vi è però la questione del consumo di acqua…
JS – Il vero problema non è il consumo in sé, a patto che ci siano a disposizione idonei accumuli della risorsa. Ci sono effettivamente criticità in primavera, quando la neve inizia a sciogliersi lungo i pendii: bisogna fare molta attenzione all’acqua che si aggiunge agli ecosistemi, di fatto interferendo col loro equilibrio naturale. Diverso è il discorso legato alla sua produzione a temperature molto calde. In quelle situazioni la si crea nei congelatori e con il ghiaccio tritato, quindi il processo diventa estremamente dispendioso sul piano energetico.
