
A 41 anni, Marco Riva è il più giovane tra i presidenti dei Comitati Olimpici regionali italiani. Ne aveva 38 quando, nel 2021, le federazioni della Lombardia lo hanno eletto con un vero e proprio plebiscito, dopo che tutte le componenti interessate gli avevano manifestato un sostegno tale da farne il candidato unico alla prestigiosa carica. Una solenne manifestazione di fiducia nei confronti del panathleta di Galbiate (Lecco), da parte di un movimento che stava attraversando un momento di grande difficoltà, in seguito allo tsunami causato dal Covid. Una stima ben riposta, a giudicare dai risultati: la Lombardia è sempre più saldamente alla guida dello sport italiano, come dimostrato anche dalle 71 medaglie ottenute alle Olimpiadi di Parigi.
Il fatto di essere il più giovane presidente in Italia influenza in qualche modo il suo stile di leadership?
MR – La cosa più importante per me è l’attenzione alla persona; l’ascolto e il dialogo fanno parte del mio modo di pormi. Essere il più giovane tra i miei colleghi, nonché alla guida di una regione-traino da ogni punto di vista, è un’ulteriore responsabilità. La questione anagrafica mi aiuta a essere più sensibile nei confronti delle dinamiche in evoluzione: penso ovviamente all’ambiente, ma anche all’avvento dell’Intelligenza Artificiale, che senza dubbio inciderà molto sugli aspetti socio-relazionali e anche sul mondo del lavoro. Cerco di essere al passo con i tempi e di cercare sempre delle soluzioni. Come dice Julio Velasco, “il leader deve essere ottimista per definizione”. Questo non significa che tutto va bene, ma che tutto può cambiare per il meglio.
La sua vicinanza ai giovani si traduce anche in iniziative dedicate specificatamente a loro?
MR – Credo che la formazione sia uno degli elementi fondamentali dello sviluppo, sia in linea generale che in particolare nello sport. In questo, i temi legati alla sostenibilità hanno assunto un’importanza centrale, perché, al di là della parte agonistica, lo sport incarna una serie di valori che possono essere molto preziosi anche per le aziende, le quali a loro volta debbono essere protagoniste sui temi dell’ambiente, dell’integrazione e dell’inclusione. A questo rapporto andrà dedicata sempre più attenzione, sia da parte del nostro mondo al fine di valorizzarne l’expertise, sia da parte delle aziende nel capire che lo sport è il compagno di viaggio ideale per gli obiettivi che intendono perseguire. Già lavoriamo molto sul tema della sensibilizzazione, ma bisogna insistere: ci sono federazioni più avanti sulla sostenibilità e altre che invece fanno più fatica, quindi la condivisione delle best-practice regionali, nazionali ed europee è sempre più importante. Comprensibilmente, il primo pensiero del movimento sportivo riguarda gli aspetti agonistici, ma oggi è sempre più importante la trasmissione di messaggi sociali e ambientali, tenendo conto anche del fatto che le giovani generazioni sono le più sensibili nei confronti della sostenibilità.
I successi ottenuti dallo sport lombardo alle Olimpiadi di Parigi hanno portato a un aumento dei tesserati?
MR – Le medaglie generano sempre interesse e spirito di emulazione. I dati indicano un aumento del numero di tesserati, che attualmente in Lombardia superano quota due milioni e mezzo. C’è voglia di sport, come già successo in situazioni analoghe. Dopo le Olimpiadi di Tokyo, nel 2021, c’è stato un boom dell’atletica, mentre oggi il tennis beneficia della spinta ricevuta dai successi di Jannick Sinner. I Giochi di Parigi hanno avuto lo stesso effetto-boost, anche grazie all’ottima copertura delle Paralimpiadi da parte della Rai, cosa che ha portato beneficio a tutto il movimento.
La stessa cosa si può dire per gli ufficiali di gara?
MR – Su questo fronte c’è una sostanziale stabilità, ma non un aumento delle nuove leve. Ciò lascia pensare che il ricambio generazionale in seguito alle uscite per motivi di età possa non essere semplice. Bisogna preoccuparsi di trovare nuove leve di motivazione. Il nostro sistema si fonda sul volontariato, ma perché qualcuno dedichi il proprio tempo allo sport bisogna riuscire a invogliarlo, altrimenti è difficile, anche perché ci sono molte alternative. Vanno pensati degli interventi calibrati: oltre all’aspetto agonistico c’è anche quello sociale, che va preservato.
Tra le criticità da affrontare, spicca però l’impiantistica, che oltretutto è il tema di “Beyond the hype” di questo mese. Condivide?
MR – Sì, nel rapporto tra sport e sostenibilità l’impiantistica è certamente un tema fondamentale. Gli straordinari risultati del nostro sport spesso nascono da autentici miracoli, ma per favorire la crescita del movimento ci vogliono impianti adeguati, anche dal punto di vista dell’accessibilità. Mi riferisco alle persone diversamente abili, ma anche agli anziani, visto che l’età media della società è sempre più alta e che la pratica sportiva continua sempre più a lungo, anche nella terza e quarta età. Ciò si lega anche alla prevenzione, con impatti positivi sulla spesa sanitaria. Dobbiamo pensare alla costruzione di nuovi impianti e alla riqualificazione di quelli esistenti, ma sempre in un’ottica di sostenibilità, tenendo presente le esigenze ambientali. Serve quindi una programmazione strategica, per decidere dove intervenire. Ad esempio, in Lombardia c’è sicuramente carenza di piscine. Anche su questo è fondamentale la formazione, per imparare come gestire gli impianti, che devono essere sostenibili ed efficientati dal punto di vista energetico. È certamente uno dei temi principali su cui lavorare.
A proposito di impianti e sostenibilità, nel 2030 entrerà in vigore il bando ai campi in erba sintetica imposto dall’Unione Europea: che impatto avrà questo cambiamento sullo sport e in particolare sul calcio?
MR – L’ìmpatto ci sarà sicuramente, vedremo di quale portata. Chi è incaricato di legiferare deve anche porsi il problema della transizione. Personalmente, sono contro gli interventi tranchant: bisogna creare un percorso per consentire a tutti di giungere al traguardo desiderato, ma senza traumi, tenendo conto anche degli investimenti fatti nel passato. Ho fiducia nel fatto che si possa delineare una roadmap finalizzata a che tutte le componenti arrivino agli obiettivi condivisi a livello europeo, ma evitando problemi quali l’interruzione o la congestione delle attività.
