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DE&I: opportunità da cogliere o moda transitoria?

Chiamate a rispondere alla sfida dell’autenticità, le aziende hanno l’obbligo di dimostrare con azioni concrete che “diversità” e “inclusione” sono ben più di semplici parole. Ma in quante credono davvero in ciò che comunicano?

Comunicare la DE&I è un esercizio di equilibrio tra ambizione, aspettative esterne e percepito interno. Ma in quante riescono a fare davvero della DE&I una leva di trasformazione strategica, oltre le buone intenzioni e le semplici parole? Ce lo siamo chiesti nella nuova edizione della ricerca .DE&I, che ha indagato come 49 grandi imprese italiane affrontino i temi legati a diversità, equità e inclusione e che è stata presentata in esclusiva dal Sole 24 Ore. Un’analisi rigorosa, che evolve e attualizza l’impegno avviato nel 2022 con la ricerca “Il potenziale nascosto dell’inclusione”. 

Segnali positivi

Affrontare i temi della diversità, dell’equità e dell’inclusione è diventata, infatti, per le aziende una sfida sempre più complessa. Le evoluzioni sociopolitiche e i recenti accadimenti, che hanno evidenziato l’adozione di pratiche non-inclusive da parte di alcuni CEO, spingono le società a muoversi con cautela e a mostrare una certa reticenza nel comunicare il proprio impegno. 

Ciononostante, le aspettative degli stakeholder restano alte e le aziende devono trovare il modo di trasmettere con credibilità il senso delle loro iniziative, al di là delle mode o delle richieste del mercato. 

La quasi totalità del campione mostra, non a caso, di avere ben chiara l’importanza della DE&I, traducendo la propria consapevolezza in azioni concrete. Buona parte delle società ha implementato iniziative specifiche per promuovere la diversità e l’inclusione nel contesto lavorativo, con il 57% che ha definito un impegno misurabile in forma di obiettivi quantitativi. Segnali incoraggianti, ma che lasciano affiorare sfide ancora importanti da affrontare. 

NUMERI DELLA RICERCA

Le aziende ci credono davvero?  

Solo il 22% delle aziende incluse nel campione collega, infatti, la DE&I alla strategia di business, sollevando non pochi dubbi sulla sincerità degli sforzi e sulla volontà di integrare temi come la diversità e l’inclusione nel più ampio contesto della vision aziendale. Anche il top management mostra di esporsi poco sull’argomento, nonostante il rilievo che sentire la voce di chi guida l’azienda su questioni così rilevanti avrebbe.  

Non solo gender  

Degna di nota è, inoltre, l’estrema variabilità dell’approccio alla diversità: mentre quella di genere è un punto focale comune, solo un’azienda su tre estende il proprio impegno ad altre categorie, come la disabilità o la nazionalità. Un dato che suggerisce che il concetto più ampio di diversità sia ancora in fase di sviluppo.  

Su “Alley Oop” de Il Sole 24 Ore, un articolo dedicato alle tendenze e ai risultati della nostra ricerca.

Whitepaper
DE&I 2023

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I 5 stadi di maturità della comunicazione DE&I

La ricerca definisce una scala di 5 livelli di maturità, pensata per misurare ciò che le aziende comunicano esternamente attraverso i propri canali digitali.   

Al livello più alto si trovano le aziende con una comunicazione matura, in cui la strategia DE&I è una componente pervasiva della narrativa corporate su ogni canale. Generali e Intesa Sanpaolo rientrano in questo gruppo. Cinque sono invece le aziende che mostrano una comunicazione della DE&I ampiamente integrata nel più ampio contesto di business, raggiungendo il quarto livello della scala: Poste, Eni, Moncler, Acea e A2A. La maggior parte delle aziende si posiziona al centro, con 24 aziende (49%) al livello Tactical e 14 (29%) posizionate allo stadio Compliant. 

Al gradino più basso della scala troviamo quattro società (8%) che hanno avviato attività in ambito DE&I, ma che preferiscono non esporsi nella comunicazione (per quanto queste stesse iniziative siano, poi, rendicontate in bilancio). Un quadro che si configura a tutti gli effetti come il contraltare del fenomeno di “pinkwashing” evidenziato dalla precedente edizione dello studio, quando comunicati stampa e social network straripavano di impegni sull’uguaglianza di genere e sull’inclusione. All’interno del whitepaper è disponibile il posizionamento di tutte le società valutate. 

“La chiave per coinvolgere sempre di più le persone sia all’esterno sia all’interno dell’azienda e per migliorare la reputazione è parlare onestamente del reale valore della DE&I per il business. Le aziende italiane stanno navigando questa sfida complessa, cercando l’equilibrio tra dichiarazioni e azioni autentiche: grazie alla ricerca riusciamo a seguire da vicino questa evoluzione.”

Dal parlarne troppo al non parlarne abbastanza  

A prendere piede, soprattutto negli Stati Uniti, è piuttosto il cosiddetto “DE&I hushing”. Le aziende, continuano, di fatto, a lavorare sottotraccia sui temi di diversità, equità e inclusione, ma ne parlano sempre meno pubblicamente per timore di esporsi troppo e avere ripercussioni negative.   

Crediamo, tuttavia, che parlare onestamente del reale valore della DE&I per la quotidianità e per il business in azienda e trovare la propria voce per raccontare gli impegni sia la chiave per coinvolgere sempre più le persone sia all’esterno sia, soprattutto, all’interno dell’organizzazione e per migliorare in ultima istanza la propria reputazione.  

Cosa abbiamo valutato

Per capire come le 49 società esaminate comunicassero i loro impegni e le iniziative in materia di diversità, equità e inclusione, abbiamo approfondito i criteri di valutazione già previsti dalla ricerca .trust, che aiuta le aziende a raccontare in modo convincente purpose, identità, strategia, business e l’impegno nella sostenibilità e nella DE&I. Ne è derivato un protocollo ampio, composto da oltre 70 criteri che considerano le diverse sfaccettature della DE&I: 

I TEMI INDAGATI

Dalla trasparenza alla fiducia

Le nostre analisi sono pensate per aiutare le aziende a unire i punti e a migliorare la loro comunicazione digitale in modo efficace e distintivo. .trust è la ricerca di punta e ha un ruolo centrale nella nostra offerta, grazie al supporto di servizi specializzati come quelli dedicati alla trasparenza (Webranking e .transparency, alla base del nostro approccio rigoroso), alla sostenibilità (.sustainability), alla DE&I (.DE&I), alla reportistica (.reporting) e alla presenza delle aziende su Wikipedia (.wikipedia).